Commenti Vangelo » La chiamata – Commento a vangelo di don Gabriele Nanni – 18.1.2020 – Mc 2,13-17
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https://www.spreaker.com/user/11389973/18-gennaio-2020-audio-17-01-20-22-00

18 gennaio 2020

LA CHIAMATA
Dal vangelo secondo Marco (Mc 2,13-17)
In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Gesù dice di essere venuto a chiamare i peccatori, nell’occasione di tale affermazione la chiamata alla conversone di Matteo Levi diventa anche di apostolo.
La chiamata è unica e per Matteo consisteva nel seguire Gesù, lasciando il peccato per servirlo.
Chiamata e conversione dunque hanno in realtà la stessa radice, non esiste una vocazione che prima non sia stata salvata. Gesù è la voce che chiama l’anima lontana per avvicinarla a sé, poiché la lontananza è morte e la vicinanza è vita.
L’incomprensione dei farisei, per tale richiamo alla salvezza dei perduti, proveniva dal fatto che essi presumevano di non essere lontani da Dio. In realtà il riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio era e rimane il passo essenziale per andare a Dio, per essere vicino a lui.
La vicinanza con Dio è una espressione tipicamente ebraica per definire l’amore verso Dio e il suo favore per noi.
Due erano le classi a quel tempo: i santi e i peccatori e chi non apparteneva ai gruppi osservanti erano peccatori senza possibilità di misericordia. Ma la chiamata che Gesù faceva non era solo rivolta ad una certa classe di persone, come credevano i farisei, gli scribi e i loro amici e Gesù richiama la sua missione sfidando la consuetudine e le convinzioni teologiche dei gruppi di potere o dei santi: egli chiamava tutti poiché tutti erano distanti.
Ma lo smacco maggiore di Gesù non terminava qui, poiché considerava il gruppo dei cosiddetti santi, non solo bisognoso di perfezionamento, ma di vero cambiamento di vita in quanto incredibilmente più esposti alla perdizione eterna. I santi dunque, secondo Gesù erano degli illusi con se stessi, peggio dei peccatori che almeno ammettevano di esserlo. Nessuno dei due gruppi, allora, per Gesù, era esente dalla chiamata alla salvezza; purtroppo si distinguevano per durezza alla risposta proprio quelli del gruppo dominante, dei santi, appunto.
Nella esemplificazione delle parabole, Gesù non lascia mai scampo a nessuno nella verità: tutti hanno bisogno di salvezza, che viene solo da Dio e per questo Gesù era venuto, non per i sani, poiché nessuno era sano.
La radicalità, lo si capisce, è assoluta: tutti hanno peccato, nessuno può salvarsi da solo, Gesù offre la salvezza a tutti, peccatori in diversi modi, ma peccatori, senza esclusioni.
Ora anche noi facciamo fatica ad ammettere la necessità della nostra salvezza, intendo dire di noi, che cerchiamo di seguire Gesù ed essere fedeli come possiamo. Sempre riaffiora l’antica presunzione che siamo certamente meno peggio di altri. Quando parliamo di conversione personale, lo affermiamo in un senso relativo, sfumato, alludendo alla perfettibilità.
Questi pensieri appartengono ad una considerazione impropria della fede.
Il bisogno di salvezza è sempre urgente perché l’oggi è sempre il nuovo che si presenta e l’occasione delle nostre risposte per il bene o per il male. Oggi possiamo essere vicino alla perfezione, ma oggi stesso possiamo anche cadere nell’abisso. San Paolo avverte: “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.” (1Cor 10,12). La salvezza si gioca ogni giorno finché dura quest’oggi siamo chiamati a scegliere per il bene e sostenerci nella fede, perché la salvezza del Signore è un’opera continua, attimo per attimo, per sostenerci fino all’ingresso nel Regno.
La chiamata può assumere, allora, il significato di voce di Dio, che da lontano qual sono, mi guida a raggiungerlo. Udire la sua voce è un’attenzione quotidiana, per non cadere nell’abitudine di fare gesti meccanici di culto e di pensieri stereotipati, quando invece il nostro cammino non è guidato dalla sua voce che oggi, ora, mi sta parlando. Gesù vive nel cuore e noi per lui e con lui camminiamo dove ci conduce. La salvezza di Gesù è continuamente operante in noi, se non lo fosse saremmo veramente perduti. Egli fa sentire la sua chiamata, la sua voce nella notte, affinché non perdiamo l’orientamento, la risposta consiste nell’ascolto e nel seguirlo, oggi.

Dio vi benedica!
Gabriele Nanni

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