Comunicazione divina
Sapienza e conoscenza – Commento al vangelo di don Gabriele Nanni – 23.1.2020 – Mc 3, 7-12
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23 gennaio 2020
SAPIENZA E CONOSCENZA
Dal vangelo secondo Marco (Mc 3, 7-12)
In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.
Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
C’è una grande differenza tra sapienza e conoscenza ed i frutti qualificano i due atti. Solo una delle due porta alla salvezza eterna, cioè la sapienza, raramente però è amata.
Il conoscere, il sapere, la scienza delle cose, appartiene a tutti gli uomini, almeno come desiderio, e fa parte della natura umana. Sapere come stanno le cose, i segreti della natura, il controllo delle informazioni, lo sfruttamento delle conoscenze, in senso commerciale e politico, sono attività proprie dell’uomo.
Quando è associata all’ingordigia, il sapere diventa vizio, solo quando è finalizzato al bene, diventa virtù. La conoscenza intellettuale dunque necessita di una guida morale per avere un valore positivo, diversamente uno scopo egoistico o malvagio non porta a Dio, ma separa da lui.
La sapienza, invece, consiste nell’applicazione della conoscenza guidata da un retto volere il quale si esplica su due piani subordinati: il primo, immediato, è il proprio bene e del prossimo il secondo, è il conseguimento della vita spirituale o eterna che è data da Dio: il proprio bene e quello del prossimo rientrano in questo fine ultimo, ed anche i fini intermedi devono essere orientati a quello.
La sapienza è conoscenza della volontà di Dio e quindi progressivamente, di Dio stesso. L’approfondimento della conoscenza va a coincidere con l’amore di Dio e diventa perfetta quando l’identificazione di conoscenza e amore è completa.
La sapienza è dunque il moto, la direzione verso il bene che è Dio attraverso le infinite occasioni e decisioni che occorrono nella vita terrena. È sapienza l’amore per il prossimo, volere il suo bene, non fare il male ma il bene, è sapienza camminare sulla via dei comandamenti per onorare e amare Dio sempre più perfettamente per entrare nel suo Regno. La sapienza allora dirige l’intelletto e da questo è nutrito se lo sguardo è puntato su Dio.
Nell’episodio narrato dal vangelo possiamo vedere due esempi: uno di conoscenza intellettuale imperfetta per difetto di sapienza, ed uno di conoscenza intellettuale perfetta ma con assenza di sapienza.
Il primo è dato dalle folle che numerose, da molti luoghi, raggiungevano Gesù per le cose che faceva: si tratta di una conoscenza limitata della natura di Gesù della sua missione e dl suo messaggio, poiché quella gente lo cercava principalmente spinta dal miracolo, vuoi per la curiosità, vuoi per ottenere guarigioni del corpo e liberazioni dalla possessione demoniaca. Certamente non possiamo affermare che tutte le persone andassero a lui solo per ottenere un beneficio materiale, ma sembra prevalere questo, tanto che gli si gettavano addosso per ottenere un contatto miracoloso.
Gesù non lesina né parole né opere e quindi getta il suo seme, che trova terreni diversi, ma certamente il frutto richiesto è quello della fede in lui e la sapienza di conversione per desiderare la Vita che egli, solo egli, poteva dare. Gesù attendeva, in quella gente, la scelta sapienziale, quella del cuore, che cerca Dio e non solo un beneficio.
L’altro esempio è dato dagli spiriti impuri che vessavano e possedevano i corpi delle persone. Questi spiriti si gettavano ai piedi di Gesù, non per adorare quanto per la disperazione di essere faccia a faccia con il Figlio di Dio, il loro nemico per scelta irrevocabile. Essi, percependo bene le cose spirituali, capivano perfettamente chi fosse Gesù. La loro conoscenza intellettuale era più ampia di quella degli uomini e potevano con certezza, e disperazione, gridare: “Tu sei il Figlio di Dio”, cosa che pochi tra gli uomini che lo cercavano era capace di capire e di affermare. La conoscenza demoniaca è più perfetta di quella umana, ma del tutto priva della sapienza: ovvero della volontà di andare verso il bene e seguirlo; conoscono Dio, ma non lo amano.
Gli uomini invece hanno la possibilità di fare un movimento di uscita dall’egoismo, dallo stretto interesse materiale per cercare Dio: Gesù attendeva questo movimento sapienziale e non voleva dunque che i demoni gli dessero testimonianza, poiché la testimonianza gli veniva da Dio con la l’autorità dell’insegnamento e la potenza d