Commenti Vangelo » Il bene e il male in noi – Commento al vangelo – 4.1.2021 – 1Gv 3,7-10 (creato con Spreaker)
Fonte:
https://www.spreaker.com/user/11389973/4-gennaio-2021-audio-04-01-21-05

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 3,7-10)

Figlioli, nessuno v’inganni. Chi pratica la giustizia è giusto com’egli [GesĂą] è giusto. Chi commette il peccato viene dal diavolo, perchĂ© da principio il diavolo è peccatore. Per questo si manifestò il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo. Chiunque è stato generato da Dio non commette peccato, perchĂ© un germe divino rimane in lui, e non può peccare perchĂ© è stato generato da Dio. In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello.

Per comprendere le parole dell’Apostolo Giovanni occorre richiamare quelle di Gesù “Dai frutti conoscerete l’albero” (Cf Mt 7,16-20), che equivale a dire: dalle opere si comprende quale sia la qualità buona o cattiva del cuore di chi le compie, ovvero le intenzioni anche nascoste.
I frutti vanno intesi non solo come opere materiali, ma da quello che esse apportano agli uomini: se i fratelli, il prossimo ricevono del bene e sono spinti a loro volta al bene spirituale, cioè a Dio, a migliorarsi, questi sono frutti buoni.
I frutti spesso sono invisibili ai nostri occhi, sono lontani o toccano dimensioni spirituali, come il soccorso alle anime del purgatorio, le grazie di conversione e di guarigione di persone che non sono direttamente connesse con noi, ma che Dio raggiunge e un giorno ci farĂ  conoscere.
Rimane presente il mistero d’iniquità, per cui tanti pur essendo beneficati non portano frutto, come nella parabola dei talenti, come fu per Giuda Iscariota.
Dunque, le intenzioni possono essere buone, ma i frutti non visibili, oppure ad opere buone non sempre corrisponde una risposta buona da parte del beneficiato.
Le parole di Giovanni, invece, sembrano essere senza sfumature: se uno è da Dio, non pecca; se è dal diavolo pecca. Quindi le intenzioni buone, ma senza risultato buono non sembrano comprese, ma anche i peccati senza intenzione, quali per ignoranza o incidenti non trovano luogo nella definizione dell’Apostolo.
La comprensione diventa più chiara se cogliamo l’interezza delle sue parole nella lettera, poiché egli distingue un peccato mortale da uno veniale: quello che porta alla morte è contro i Comandamenti di Dio, mentre quello che appartiene alla imperfezione non è mortale: “Ogni iniquità è peccato, ma c’è il peccato che non conduce alla morte.” (1 Gv 5,17).
La distinzione è costituita dalla intenzione, dalla consapevolezza e dalla gravità del peccato stesso.
Giovanni riconduce le azioni peccaminose, ad una radice spirituale buona o cattiva. Lo spirito del maligno suggerisce e spinge al male e ciò che ne consegue è visibilmente un danno al fratello o una omissione di bene possibile.
L’amore per i fratelli è la visibilità della radice spirituale nella nostra anima. Il cuore umano se è abitato o condotto dallo Spirito Santo non può che compiere buone opere, ed il bene per i fratelli è il segno visibile di tale radice.
Al contrario, chi è mosso abitudinalmente dal diavolo, produce frutti di discordia e di morte. Sono peccati contro l’amore, cioè la carità verso il prossimo, essi sono la misura dell’amore che vive in noi o al contrario dello spirito del demonio.
Le imperfezioni sono dovute alla nostra natura; esse avranno sempre uno spazio fino alla durata della vita sulla terra, poiché la perfezione si raggiunge solo con consumazione del nostro corpo mortale, ma il cuore può raggiungere una certa pienezza di unione con Dio già sulla terra.
Le imperfezioni sono occasione, per chi è sempre rivolto a Dio, di umiliazione e di avanzamento nella disponibilità alla grazia di Dio, sono occasione di richiesta di perdono al fratello e di consolidamento nell’amore. Le umiliazioni, infine, ci tengono lontano dalla superbia spirituale, che rovinerebbe tutto il cammino fatto.
Giovanni annuncia allora una grande novità: chi conosce Dio, non pecca perché è abitato da Dio per il dono dello Spirito Santo. Questa radice, alimentata dalla nostra corrispondenza di intenti e di amore, diventa stabile e fruttuosa ed impedisce alla radice del male di fruttificare. La radice maligna è presente in certe dimensioni dell’uomo che rimangono segnate dal peccato, ma non appartengono alla profondità dell’anima.
Attraverso queste dimensioni più superficiali, il nemico di Dio spinge al male, tenta fino all’esasperazione, ma non può nulla contro un’anima abitata dallo Spirito di Dio. Tale dimensione come detto prima, si consumerà con la fine del nostro corpo mortale, ma non avrà più parte con il corpo di risurrezione.
Chi, dunque, non pratica la giustizia non è da Dio. I Comandamenti sono la via da seguire per la giustizia, ma con lo Spirito Santo, Cristo abita in noi e ci svela attimo per attimo quello che è il cammino, poiché egli è la Via.

Dio vi benedica!
G

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