Chiesa, Conversione, Misericordia, Purificazione, Regno di Dio, Sacrificio Sangue
Banalizzazione della misericordia – Commento al vangelo – 15.1.2021 – Eb 4,1-5.11 (creato con Spreak
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Dalla lettera agli Ebrei (Eb 4,1-5.11)
Fratelli, dovremmo avere il timore che, mentre rimane ancora in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso. Poiché anche noi, come quelli, abbiamo ricevuto il Vangelo: ma a loro la parola udita non giovò affatto, perché non sono rimasti uniti a quelli che avevano ascoltato con fede. Infatti noi, che abbiamo creduto, entriamo in quel riposo, come egli ha detto: «Così ho giurato nella mia ira: non entreranno nel mio riposo!». Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. Si dice infatti in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: «E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere». E ancora in questo passo: «Non entreranno nel mio riposo!». Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.
L’autore della lettera agli Ebrei, dopo aver spiegato l’importanza dell’Oggi come tempo favorevole per la riconciliazione con Dio, per la conversione dalla durezza di cuore, invita a considerare che la promessa ad entrare nel Riposo di Dio è valida ed efficace, ma qualcuno potrebbe rimanerne escluso.
Il Riposo di Dio, è l’ingresso nella sua eternità , è l’obiettivo della creazione raggiunto, è la salvezza dell’intera umanità dalla prigionia del peccato.
L’ingresso nel Regno avviene per la nostra unione con Gesù Cristo, il quale ottenne per primo, e per tutti noi, di varcare come Uomo il Cielo di Dio e di sedere alla sua destra.
Il piano della misericordia è il piano di salvezza Dio, che ci ha creati senza di noi, ma che non ci salva senza di noi (Cf Agostino, Sermo 169, 11, 13), e noi siamo salvi per l’unione con Cristo Gesù.
Purtroppo, la banalizzazione del concetto di misericordia divina, si traduce con una affermazione buonista, secondo la quale la bontĂ di Dio sarebbe tanto smisurata da non condannare nessuno. Nessuno sarebbe escluso dalla vita eterna, la quale si conseguirebbe sempre e comunque.
Diverso è però l’insegnamento della Scrittura: tutta quanta, infatti, pone la volontà misericordiosa di Dio, che intende salvare, e dunque portare a sé tutti gli uomini, ma con la condizione del pentimento, della conversione, ovvero dell’abbandono della vita di peccato.
“Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva” ( Ez 33,11) dice il Signore con la bocca del profeta; e la Lettera agli Ebrei aggiunge: “Non entreranno nel mio riposo” (Eb 4,5); ma con Gesù Cristo “Dio fissa di nuovo un giorno, oggi, dicendo mediante Davide, dopo tanto tempo. Oggi se udite la sua voce, non indurite i cuori!. (…) Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nella stessa disobbedienza.” (Eb 4,7.11).
Questo è il cardine della misericordia: il prezzo pagato da Gesù, il Figlio coeterno al Padre, inviato come Agnello che toglie i peccati del mondo.
Ma il sangue non va disprezzato, bensì accolto come dono prezioso, prezzo del peccato che noi abbiamo commesso.
Come potremo continuare a peccare, se davvero abbiamo consapevolezza della passione di GesĂą per noi, se davvero siamo pentiti ed addolorati per le sofferenze che abbiamo recato al suo corpo santo?
Come è possibile dire: “Dio è buono, non gli importa il peccato”? Possiamo credere che egli ci accolga con sé con il cuore diviso ed intriso di male, senza rinuncia alcuna?
Come possiamo iniziare la celebrazione della Santa Messa con la richiesta di perdono se non siamo disposti a rinunciare al male? Come possiamo celebrare la Pasqua e rinnovare le promesse battesimali proclamando di rinunciare al peccato, a Satana e di Credere in Dio che ci salva mediante la Chiesa voluta e fondata da Cristo con l’effusione del sangue e acqua dal suo costato sulla Croce?
In realtà , la banalizzazione della misericordia di Dio, è un mezzo facile per lasciar credere a noi stessi e agli altri, che Dio sia disposto ad accettarci così come siamo, senza impegno, senza volontà di santità , senza purificazione del cuore diviso, tra bene e male, cioè dove albergano le volontà contradditorie. Noi presumiamo di entrare nel Regno, senza la veste nuziale (Cf Mt 22,12) senza averla lavata nel sangue dell’Agnello (Cf Ap 7,14).
Questo atteggiamento suppone che Dio sia poco interessato alla nostra vita materiale, che noi potremmo così vivere sulla terra senza preoccupazione per la futura nel Cielo, dove comunque entreremmo, senza rendiconto, senza distacco dalla terra e dal peccato, senza un vero desiderio della Patria beata.
Questo però è, purtroppo, l’atteggiamento degli invitati indegni nella parabola delle nozze, perché troppo affaccendati per le loro cose (Cf Mt 22).
Il rifiuto della conversione equivale al disprezzo della passione di GesĂą, alla nullificazione della misericordia per noi, allo spreco del suo sangue versato, alla inutilit