Commenti Vangelo » Le vie di Dio – Commento al vangelo – 22.5.2021 – At 28, 16-20.30-31

22 maggio 2021

LE VIE DI DIO

Dagli Atti degli Apostoli At 28, 16-20.30-31

Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per conto suo con un soldato di guardia. Dopo tre giorni, egli fece chiamare i notabili dei Giudei e, quando giunsero, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo o contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani. Questi, dopo avermi interrogato, volevano rimettermi in libertà, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. Ma poiché i Giudei si opponevano, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere, con questo, muovere accuse contro la mia gente. Ecco perché vi ho chiamati: per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d’Israele che io sono legato da questa catena». Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.

La chiave per comprendere l’arrivo di San Paolo a Roma sta nella volontà di Gesù, che apparendo, gli aveva detto che, come lo aveva testimoniato a Gerusalemme, così doveva fare a Roma. Infatti, Paolo era stato catturato e posto sotto giudizio dai correligionari a Gerusalemme. La scelta di Paolo, che possedeva la cittadinanza romana, fu quella di appellarsi a Cesare: così egli agevolò quello che il Signore gli aveva detto e fu trasferito a Roma. La sua situazione era relativamente leggera: si trattava di una custodia domiciliare in attesa di giudizio, del tribunale di Roma. L’Apostolo trascorse due anni in tale condizione di semi libertà, potendo essere visitato da chiunque. Egli cominciò a incontrare i notabili della comunità ebraica di Roma e a diffondere la fede nel Cristo risorto a chiunque lo visitasse. Paolo si trovava in catene, eppure poteva annunciare con franchezza e libertà il vangelo. Fa riflettere la contraddizione della situazione combinata dalla Provvidenza. È il Signore che aveva disposto la sua testimonianza a Roma, non nella libertà, ma nella prigionia, non nella tranquillità, ma nella persecuzione. Nella Storia delle Chiesa troveremo sempre queste costanti: nella difficoltà e nella tribolazione il vangelo si diffonde, dal sangue dei martiri nascono i Cristiani. È facile comprendere che la Verità trovi opposizione dalla menzogna, che l’egoismo combatta l’amore, che la meschinità si opponga alla grandezza d’animo, perciò chi evangelizza normalmente trova degli oppositori e dei nemici: “Come hanno perseguitato me così perseguiteranno voi” aveva predetto Gesù. Nella situazione di prigionia di Paolo troviamo un elemento aggiunto: l’Apostolo non giunge a Roma in libertà, come aveva potuto durante i numerosi viaggi in Asia e in Grecia, egli arriva in catene, quindi assai impedito nei movimenti, che per la sua energia e coraggio costituivano certamente un punto di forza per la diffusione del vangelo. Paolo è il prigioniero che testimonia la libertà dello Spirito, è immobilizzato eppure le anime vanno a lui, la sua predicazione è talmente importante che scrive alla comunità romana una lettera, forse prima ancora del suo arrivo, non sappiamo con sicurezza, ma con certezza possiamo dire che l’incontro tra Paolo e quella comunità ebraica era fondamentale per la fede nel Cristo risorto, e da loro per tutti i nuovi credenti nel centro del mondo. Lo stato di prigionia era stato disposto da Gesù, in apparente contraddizione con la potenza di Paolo in stato di piena libertà. Questo lo assimila in realtà a Gesù in modo ancor più forte poiché Paolo prigioniero è configurato a Gesù prigioniero. Cosa mai non avrebbe potuto fare il Messia viaggiando per il mondo intero? Quale limite avrebbe potuto trovare il Cristo percorrendo personalmente le vie del mondo e facendosi conoscere alle genti? Ma la volontà del Padre era differente: Gesù poté fare di più, sacrificando se stesso, la sua libertà, la sua vita. I piedi avrebbero potuto condurlo a tutti gli uomini, le mani guarire le infermità di tutti, la sua voce raggiungere tutti direttamente, ma le catene lo legarono, i chiodi impedirono i suoi movimenti di grazia, la voce morì con l’ultimo grido. Paolo fu assimilato a Gesù nella prigionia, e poi nel martirio, ma il suo frutto diventò moltiplicato e ancora non ha fine, per volontà di Gesù che aveva stabilito così. Nell’unione con la vita di Gesù in ogni attimo della sua passione, delle sue vicende terrene i Santi hanno trovato ispirazione e sostanza di vita spirituale.
Nell’unione con le vicende di Gesù, noi siamo assimilati alla sua azione redentiva, ed ogni tratto della nostra vita, in forza di tale unione diventa forza redentrice di Cristo, attraverso di noi. Le vie del Signore non sono le nostre vie, e noi dobbiamo lasciare le nostre per seguire la sua Via.

Dio vi benedica!
Gabriele Nanni

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