29 maggio 2021
CHINAI UN POCO L’ORECCHIO
Dal libro del SirĂ cide – Sir 51,17-27 NV [gr. 51,12c-20b]
Ti loderò e ti canterò,
e benedirò il nome del Signore.
Quand’ero ancora giovane, prima di andare errando,
ricercai assiduamente la sapienza nella mia preghiera.
Davanti al tempio ho pregato per essa,
e sino alla fine la ricercherò.
Del suo fiorire, come uva vicina a maturare,
il mio cuore si rallegrò.
Il mio piede s’incamminò per la via retta,
fin da giovane ho seguìto la sua traccia.
Chinai un poco l’orecchio, l’accolsi
e vi trovai per me un insegnamento abbondante.
Con essa feci progresso;
onorerò chi mi ha concesso la sapienza.
Ho deciso infatti di metterla in pratica,
sono stato zelante nel bene e non me ne vergogno.
La mia anima si è allenata in essa,
sono stato diligente nel praticare la legge.
Ho steso le mie mani verso l’alto
e ho deplorato che venga ignorata.
A essa ho rivolto la mia anima
e l’ho trovata nella purezza.
La Sapienza creata da Dio è la via misteriosa per la quale possiamo camminare in questo mondo per essere graditi a Dio e giungere a lui. Si distingue dal dono della scienza, per quanto connessa, poiché non è la conoscenza delle cose, ma quella saggezza nelle situazioni concrete che mi permette di mantenere la rotta verso la meta che è Dio. Vi è quindi una sapienza generale che è la direzione, conoscere Dio, e chi siamo di fronte a lui, Sapere di essere creature sue che a lui tornano con l’anima creata immortale, dopo un viaggio che ha motivazioni non evidenti, che solo la Sapienza ci svela. Questa sapienza ci consente di capire il perché della vita, il fatto che siamo creati, che non siamo soli, che abbiamo un destino, che apparteniamo a Dio e che dobbiamo compiere un cammino di adeguamento per essere trovati graditi al suo cospetto, cioè santi ed immacolati come lui è Santo. Tale Sapienza consente di vedere il nostro stato, di considerare il peccato che abita in noi, pertanto il cammino verso Dio, verso la santità , non sta nello sforzo di conservare la nostra innocenza, ma di diventare tali. Il senso del peccato, infatti, è un esame di realtà spirituale, che solo con la Sapienza di Dio possiamo comprendere. L’errore comune, che rivela la stoltezza da cui siamo tutti fasciati, è quello di credere di essere capaci di essere buoni, di non commettere errori e peccati. Lo stolto, dice la Scrittura, “Si illude con sé stesso nel ricercare la sua colpa e detestarla.” (Salmo 35,3). Ora invece è del sapiente conoscere lo stato della propria anima come fallace, non solo in ciò che commette, ma anche in ciò che è: “Nel peccato mi ha generato mia madre” (Salmo 51,79). La Sapienza mi dice chi sono e cosa sono, peccato davanti a Dio. Ma ancora mi dice, che non sono in grado di migliorare me stesso, di salvarmi dal peccato con le mie mani, con le mie opere, con i miei sforzi: “Nessuno può riscattare se stesso o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare per vivere senza fine” (Salmo 48,8-10). Queste sono le cose che la Sapienza mi insegna se la cerco fin dall’inizio della mia vita. Ma non basta. Quando ho capito che dipendo da Dio, la sapienza mi dice che egli mi ama e mi vuole aiutare, non mi lascia solo. L’aiuto di Dio è la sua grazia che la Sapienza mi porge giorno per giorno. Se è vero che da solo non mi salvo è anche vero che Dio non mi salva senza di me, ma intende farmi procedere, alimentando la mia volontà , il mio desiderio di lui, purificandolo da ogni desiderio impuro o estraneo, purificando i miei peccati nella misura della mia volontà di essere purificato. La Sapienza, dunque, mi parla al mattino e mi fa meditare, ma mi guida con il discernimento e la prudenza nelle cose concrete di quel giorno. Dio non mi rende chiaro tutto in un momento, ma si lascia scoprire di volta in volta, per condurmi a sé. Il modo di parlarmi è contrario al chiasso del mondo. Noi vorremmo che le sue parole fossero come di fuoco, scritte su una montagna scolpite nel granito forti e violente come un vento nella tempesta, mentre invece egli mi parla piano, quasi un bisbiglio a cui devo fare attenzione tra le cose e i sapori forti della vita materiale. Il sapiente ascolta la brezza come Elia che attende l’incontro sulla montagna. L’Onnipotente, creatore di ogni cosa, parla senza farsi notare ai più, parla nel cuore, suggerisce, fa notare, ma non si impone, mai! Per questo il sapiente dice: “Chinai un poco l’orecchio”: Dio mi chiede di fare attenzione al suo sussurro, per essere pronto a capire. Lo stolto cerca parole forti, gridate, si piega alle minacce, cede alle sferzate, il sapiente, segue il respiro di Dio come chi governa le vele cerca il vento. Il vento muta, la via è tracciata sulle acque, vie che non sono segnate perché sono le vie del vento, dello Spirito di Dio che mi conduce a lui, per farmi come lui.
Dio vi benedica!
Don Gabriele Nanni