Commenti Vangelo » Chi è la pecora smarrita – Commento al vangelo Don Gabriele Nanni – 7.12.2021

7 dicembre 2021

Chi è la pecora smarrita Mt 18,12-14  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda». Le pecore smarrite sono tutti coloro che sono definiti piccoli da Gesù. Possiamo dire forse che non vi sono pecore smarrite quando queste non sono piccoli, ma altezzosi ed orgogliosi, i grandi della terra, coloro che non confidano e non temono il Signore, pieni di se stessi e della propria boria. Ma se si procede in tal senso si finisce per dare giudizi sommari alle anime, contraddicendo il comando di Gesù, che chiede di non giudicare, poiché il giudizio spetta solo a lui. Ma tale giudizio segue certamente un discernimento superficiale e privo di amore della salvezza di quelle anime. Solo Dio conosce i cuori e a noi chiede di sperare, pregare e offrire per le povere anime che altrimenti sarebbero perdute. L’amore per i peccatori, l’essere umili e sottomessi anche davanti a chi ci fa un torto, seguendo l’esempio di Gesù che durante il giudizio stava come pecora muta davanti ai tosatori: questo insegnamento, difficile, ma necessario per la nostra salvezza connette direttamente, il nostro atteggiamento di amore con le anime che sembrano immediatamente non meritevoli di salvezza. Chi fa il male, specialmente quelli direttamente connessi con la nostra vita e ce lo fanno subire, sono coloro per i quali dobbiamo pregare, coloro che dobbiamo amare in vista della loro salvezza; saperli guardare con occhio compassionevole e desiderare la loro salvezza è il compito che Gesù ci chiede espressamente ad imitazione del Maestro: “A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano… e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi.” (Lc 6, 27-28.35). Dunque la nostra salvezza richiede di diventare figli dell’Altissimo, di amare come egli ci ama, secondo lo Spirito che abbiamo ricevuto. Ma la chiosa finale è assai interessante perché possiede un duplice oggetto: “Dio ama i malvagi” è certamente, nel primo senso diretto a chi è nell’ombra di morte, i perduti, i cattivi. Nel secondo senso Gesù fa la volontà del Padre di amare l’umanità intera che è ribelle nella sua radice a Dio. Tutti siamo stirpe di Adamo e quindi genia di ribelli, alcuni migliori altri peggiori, ma siamo tutti la pecora perduta, infatti, le grazie del Padre scendono su tutta l’umanità: egli fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. La conversione è il grande richiamo per tutti, in diversi gradi, ma sempre necessaria, essa è quella che trasforma la nostra situazione interiore e ci rende capaci di vedere, chiedere e e accettare la salvezza che Gesù ci porta. Il ribelle invece ancora chiuso nelle propria presunzione, rifiuta il soccorso perché convinto della propria scelta, chiuso nella testardaggine del male, dannoso a sé e agli altri. Tuttavia la richiesta di preghiera di Gesù è proprio perché la situazione interiore anche del cattivo più ostinato cambi, poiché questo è il decreto dell’Altissimo: che l’uomo che si fa fratello del nemico e implora per lui offrendo la propria sofferenza, specie se causata dall’altro, questo diventa grazia speciale di salvezza per chi non lo merita affatto. C’è dunque un principio dell’uomo chiamato a salvare l’altro uomo, della grazia messa nelle mani dell’umanità che vige come Legge. Tale decreto dà la responsabilità dell’amore incondizionato per i nemici, ma dona il potere della salvezza mediante il perdono, secondo una radice di umanità nuova, che è inizio e principio di tale bene diffusivo: tale radice è Gesù, l’Uomo nuovo, che salva i fratelli ingiusti che lo uccidono, salva l’umanità connessa con il male, in quanto famiglia umana, salva la pecora perduta che è l’insieme dell’umanità; la salva salvando le anime ad una ad una e chiedendo ai salvati di partecipare alla sua opera facendo lo stesso, portando il suo giogo, leggero e soave, il giogo dell’amore. Il cuore di Gesù che vive in noi ci fa guardare ai fratelli con occhi grandi di compassione, di attenzione, di amore, specie per quelli che non sanno e non possono corrispondere con il bene al bene, con la riconoscenza alla gratuità. Questo significa avere una potenza di amore che supera ogni evidenza, che spera contro ogni speranza, che agisce nella follia d’amore di Dio dicendo: “Padre perdona costoro, perché non sanno quello che fanno!”.

Dio vi benedica!

Gabriele Nanni

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