Commenti Vangelo » La prova d’amore- Commento al vangelo di don Gabriele Nanni – 9.1.2020 – 1 Gv 4, 11-18
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https://www.spreaker.com/user/11389973/9-gennaio-2020-audio-09-01-20-08-33

9 gennaio 2020

LA PROVA D’AMORE

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1 Gv 4, 11-18)
Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi.
In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.
In questo l’amore ha raggiunto tra noi la sua perfezione: che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore.

Giovanni evangelista si pone nella semplicità più assoluta davanti a Dio senza la minima paura e con la massima fiducia nell’amore per lui. L’eterno fanciullo che seppe stare sotto la croce e che credette per primo tra gli apostoli alla risurrezione di Gesù, rimase tale fino alla fine della sua lunga vita sulla terra.
Egli era il discepolo che Gesù amava, perché più simile alle sue indicazioni: “Se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli.”(Mt 18,3).
Giovanni dunque era il discepolo più vicino al Regno per la sua attitudine a gettarsi nelle braccia del Maestro senza un minimo di orgoglio o di volontà propria che non fosse far contento Gesù; non aveva calcolo e nemmeno macchie contro la purezza. Così l’amore del Maestro si riposava in lui e lui fu il più adatto ad accogliere la Madre in casa sua dopo la morte in croce.
Poiché però siamo abituati a pensare il percorso di santità degli altri come frutto di predestinazione strutturale di quella persona, noi ci scoraggiamo e rinunciamo a percorrere la stessa via, e finiamo per adattare la misura del vangelo alle nostre idee o capacità. Quel massimo che Gesù chiede, non sarebbe per noi, e ci convinciamo che sia solo un’esagerazione giusto per spingerci con una motivazione ideale, ma non possibile.
Questo accomodamento ci rende anche cattivi giudici di chi invece si sforza più di noi, in quanto diciamo, che è meglio la moderazione e l’equilibrio con la vita reale (così chiamiamo quella materiale) che non esagerazioni spirituali.
Eppure, il vangelo chiede tutto e Giovanni insegna che tutto è possibile se ci apriamo alle condizioni di Dio. Dobbiamo prima di tutto abbandonare la falsa moderazione, la quale è solo accomodamento rinunciatario alle nostre misure basse; in secondo luogo è necessario comprendere e accettare che la santità non è questione di sforzi umani, quanto di essere abitati in pienezza dallo Spirito Santo, l’amore abita in noi e ci fa come lui.
Chi ama Dio non pecca, dice l’apostolo Giovanni, e qui si tratta dei peccati mortali, quelli che appartengono alla materia grave dei dieci comandamenti e compiuti con piena avvertenza e consenso deliberato, cioè voluto. Altra cosa sono le imperfezioni dalle quali sembra non riuscire mai a liberarci. Perciò l’amore di Dio può dimorare in noi solo se rinunciamo decisamente al peccato che conduce alla morte e vivere secondo la volontà di Dio: qui inizia il cammino di perfezione, quello che nelle regioni dell’amor di Dio intraprende una salita verso la cima della montagna, lasciando progressivamente tutto quello che pur essendo buono o solo imperfezione non sia Dio e la sua volontà.
Questa via di perfezione è possibile per la spinta dell’amore di Dio che abita in noi, ma vuole la santità assoluta: “Siate santi perché Io sono santo!” (Cf Lv 19,1). Ecco dunque dove si colloca lo sforzo personale: nel rinunciare al peccato mortale e nel lasciarsi guidare e spingere sulle vette della santità dallo stesso Spirito di Dio.
Tutto quello che Egli chiede sembra ingiusto, faticoso e doloroso, poiché si tratta della rinuncia a quelli che sembrano i nostri diritti, il lasciar decadere ogni sdegno contro le ingiustizie fatte a noi, per guardare solo alla sorte della beatitudine eterna, nella quale si entra solo senza il minimo attaccamento a questa vita ed alle sue esigenze.
Solo quando si è abbastanza elevati si vedono in prospettiva le nostre colpe passate e le nostre cattive tendenze ancora presenti: qui il tuffo nella fiducia nella misericordia divina ci può salvare; si tratta dell’esperienza messa a frutto delle mille occasioni di aiuto e di salvezza di Dio per noi.
Perciò, chi ha sperimentato lungo il camino l’amore che salva e santifica non ha più timore del giudizio, del rendiconto della nostra vita; quando questo timor

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