Commenti Vangelo » La verifica dell’amore vero – Commento al vangelo di don Gabriele Nanni – 10.1.2020 – 1 Gv 4,19 – 5,
Fonte:
https://www.spreaker.com/user/11389973/10-gennaio-2020-audio-10-01-20-04-51

10 gennaio 2020

LA VERIFICA DELL’AMORE VERO

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1 Gv 4,19 – 5,4)
Carissimi, noi amiamo Dio perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello.
Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.
In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.

Giovanni nella sua lettera intende distinguere chi ama a parole da chi invece ama con i fatti.
Questa differenza è messa in risalto specialmente per coloro che si attribuiscono l’amore per Dio, ma in realtà dicono il falso o ingannano se stessi. Si tratta di quelli che sono tutti intenti a mostrare che Dio è al centro dei pensieri, costoro possono anche avere una vita devota e perciò dare l’impressione di amare Dio. Tali persone ottengono una buona reputazione presso molti e magari anche hanno la pretesa di essere maestri di Spirito.
Ma Giovanni ha due parametri per misurare se stessi. Il primo è il rispetto dei comandamenti di Dio, poiché i comandamenti sono l’emanazione della volontà divina e veramente amiamo se facciamo quello che egli ci dice.
Purtroppo, tra tanti credenti e non sono pochi, vige l’uso di fare dei comandamenti un corpo mutilato di norme soggettivamente interpretate, sicché pare quasi un segno di maturità spirituale, lasciare agli scrupolosi o ai bambini l’osservanza della volontà di Dio. Il catechismo ascoltato nell’infanzia e mai trasferito nelle altre età della vita, rimarrebbe una cosa per bambini, mentre gli adulti non ne avrebbero bisogno e perciò possono permettersi di adattarlo secondo le esigenze concrete e personali. Troviamo così tanti che invece di essere adulti nella fede rimangono con una formazione della fede meno che elementare e ritengono i comandamenti come obbligatori per l’infanzia.
Il secondo parametro dell’evangelista Giovanni è ancor più evidente: l’amore per Dio, che non si vede, si deve manifestare nell’amore del prossimo, che si vede. Lo scopo non è far vedere, ma è la verifica pratica del nostro amore per Dio. Se esso è falso e ingannevole, presunto o millantato, ne troviamo le tracce nel nostro atteggiamento con gli altri.
Potrebbe sembrare che l’equazione, amare Dio e il prossimo, spinga a dimostrare qualcosa, quasi a mettersi in mostra per dare l’immagine di buoni, ma, se questo fosse vero, cadremmo nella contraddizione del comandamento del Signore di fare il bene silenziosamente, in segreto: “Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.” (Mt 16, 3-4).
In realtà la verifica dell’amore vero, quello che viene da Dio e rende capaci di amare il prossimo, è personale. È per noi che dobbiamo guardare se veramente amiamo Dio o illudiamo noi stessi.
È facile sbagliare sul proprio conto, pensare di essere buoni solo perché vorremmo esserlo. L’errore comune è quello di credere che basti volere per essere, mentre l’insegnamento di Cristo ci dice che il desiderare il bene e di essere santi è il fondamento per ottenere da Dio la rigenerazione ed essere quello che non siamo. Se non accettiamo questo, rimaniamo nell’illusione di essere i protagonisti della nostra bontà, mentre essa è generata da Dio in noi, a patto che lo chiediamo a lui e riconosciamo che è opera sua, e non nostra.
Solo Dio è amore e solo lui può trasformarci in suoi figli, ovvero capaci di amare. Il primo atto di amore è dunque il riconoscimento dell’origine divina della capacità di amare, il secondo è quello di riconoscere nel prossimo le creature amate e generate da Dio, perciò l’amore del prossimo è conseguenza necessaria al vero amore per Dio.
Rimane in questa lettera di Giovanni l’imperativo di amare il prossimo. Con ciò non dice che basta voler amare per poter amare, quanto che, se abbiamo la pretesa di amare Dio è d’obbligo amare il prossimo. Ora questo richiede uno sforzo di volontà per mettere a frutto il seme dell’amore di Dio in noi. In questo sì, sta la nostra forza di volontà: non di poter amare per nostra capacità, ma di amare con la forza che Dio ci ha donato corrodendo l’egoismo che è in noi: esso è il dato di partenza di tutta l’umanità a causa del peccato.
Perciò, se è vero che noi non possiamo nulla, dopo

Scegli uno o più temi