Commenti Vangelo » Cristo è il seme e noi la terra – Commento al vangelo di don Gabriele Nanni – 31.1.2020 – Mc 4,26-34

Fonte:
https://www.spreaker.com/user/11389973/31-gennaio-2020-audio-31-01-20-07-00

31 gennaio 2020
S. Giovanni Bosco

CRISTO È IL SEME E NOI LA TERRA

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4,26-34)
In quel tempo, Gesù diceva [ alla folla ]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Dopo aver spiegato la parabola del seminatore, la quale costituisce il fondamento per comprendere tutte le altre parabole, il vangelo ci offre ancora un paio di parabole sul Regno sull’esempio del seme.
Gesù aveva spiegato ai suoi discepoli il significato delle parabole e lo scopo di parlare con esse, per la prudenza divina, che offre la conoscenza, ma essa per sua natura deve essere recepita adeguatamente dagli uomini.
Gli uomini che non comprendono perché non ascoltano devono essere tenuti a distanza perché inadeguati: conoscere Dio e i suoi misteri diventa un onere di cui rispondere e questo prevede fedeltà nella prova per portare un frutto che introduca nella vita divina, nell’eternità.
Per capire ci soccorre l’altra parabola di Gesù che avverte di non gettare perle ai porci, intendendo l’inadeguatezza e la non opportunità delle cose preziose date a chi non possiede il livello minimo di comprensione. Questo non significa che i lontani non siano raggiunti dalla grazia, poiché a tutti è data la possibilità di accostarsi, nella misura della propria capacità e soprattutto volontà di comprendere i misteri di Dio.
La parabola è comunque un seme gettato, quando dunque il terreno dell’anima è preparato, la potenza di Dio opera misteriosamente, per poter far crescere qualcosa di nuovo che prima non c’era, in modo nascosto, piccolo, quasi insignificante, ma che al momento della sua fruttificazione diventa forte, visibile e soprattutto radicato nel profondo dell’anima, della volontà che si è lasciata fendere dalla potenza germinale del seme della Parola di Dio.
Così il terreno produce i frutti, che vengono dalla terra, per la potenza del Cielo che si innesta del nostro essere nel tempo, facendo scaturire i frutti, cioè il bene, che sono per il Cielo. I frutti si aprono all’aria, si innalzano nel cielo anche se le radici della pianta sono nella terra. Il frutto dunque è fatto per essere colto e non rimane nella terra.
La piccolezza del seme rivela la potenza di Dio che intende rimanere piccola ed inosservata, sepolta nella natura creata. La potenza germinale ha in sé la vita, e ogni forma di tale potenza sulla terra è immagine della potenza vitale dello Spirito di Dio; ma chi intende e accoglie la Parola è chiamato ad essere immagine di Dio, alzarsi dall’essere bruta creatura che fissa la terra, e diventare creatura divina che alza il capo e fissa il cielo, il luogo del suo destino.
Vi è un’identificazione e una non identificazione tra il seme che produce la pianta e la terra. Se Cristo è il seme e noi la terra, significa che il Cielo è seminato sulla terra, in noi: siamo due diverse realtà, due identità differenti.
La pianta dunque è sviluppo di quel seme, ma comincia una sorta di commistione delle due cose: parte della terra fornisce elementi vitali per lo sviluppo del seme, il quale pur avendo una potenza propria, chiede alla terra, i suoi elementi per poter germogliare, e produrre: nella pianta c’è una vita nuova, che si fa parte della terra, ma non è solo terra. Cristo e l’uomo si fondono in qualcosa di nuovo.
Nella pianta c’è la potenza del seme, ma c’è anche la terra trasformata e assunta nella sua parte migliore e utile. Il prodotto è tutto per il Cielo. Così il seme e la terra hanno sviluppato qualcosa di nuovo, con una propria identità. Esso è l’uomo nuovo, quello fatto a immagine di Dio attraverso il Figlio Gesù e capace di produrre frutti di amore ad immagine di Dio pur essendo la creatura terrena, che ora è capace di fare quello che Gesù ha fatto, vivendo in lui e per lui.
Dio vi benedica!
Gabriele Nanni

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