Commenti Vangelo » La sapienza degli innocenti – Commento al vangelo — 11.12.2020 – Mt 11, 16-19 (creato con Spreaker)
Fonte:
https://www.spreaker.com/user/11389973/11-dicembre-2020-audio-11-12-20-05

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11, 16-19)

In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”.
Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

Di fronte alla predicazione di Giovanni il Battista e a quella di Gesù, vi era divisione di opinioni e critiche.
I discepoli di Giovanni erano rimasti legati al loro Maestro, solo due seguirono prontamente la sua indicazione del Messia, Giovanni ed Andrea, gli altri rimasero con il Battista. I discepoli furono inviati dal Battista oramai incarcerato, astro calante verso il martirio glorioso, da Gesù per convincerli che il Messia era lui.
A costoro Gesù disse di riferire a Giovanni che i muti parlavano e gli zoppi camminavano, segno della realizzazione dei segni del Messia, come indicato da Isaia Profeta. L’indicazione era per i discepoli in realtà, ai quali Giovanni voleva far capire che era Gesù quello da seguire.
Gesù era l’astro nascente, ma già chiacchierato, le voci ed i pettegolezzi non lo risparmiavano. Giovanni stava nel deserto, asceta e penitente, ma egli predicava tra la gente, nelle città e nei villaggi, era ospite e pellegrino al tempo stesso. I contatti con le persone facevano trovare pretesti per confrontarlo a Giovanni, e giudicarlo, ma in realtà la massa trovava da recriminare sia per il Battista che per Gesù: ad entrambi non erano risparmiate critiche e ingiurie, calunnie ed offese.
La parola che definisce tutto questo è “malizia”, che in senso spirituale si concretizza con l’insipienza. La mancanza di sapienza, la stoltezza è la posizione del peccatore, mentre la sapienza è del giusto che cerca Dio sinceramente: a costui la sapienza si fa trovare davanti casa, seduta alla sua porta.
Dio cerca infatti chi lo desidera con cuore puro, a costui apre gli occhi e fa vedere immediatamente le sue opere, la sua traccia, il suo passaggio. La sapienza è tale per cui non si ferma ai dettagli di superficie, ma va nel profondo, e coglie nel creato e negli eventi l’opera di Dio. Le vite e le parole degli uomini vengono riconosciute con capacità di discernimento come buone o cattive; quando brilla la Parola di Dio essa è veduta come perla preziosa.
La sapienza dunque fa riconoscere nelle parole e nelle azioni di Giovanni e di Gesù la provenienza divina, e davanti all’autorità delle opere di Gesù e del suo insegnamento, i due cuori puri di Giovanni ed Andrea, riconobbero il Messia.
La purezza di cuore, quella dei piccoli, che si accostano con innocenza a Dio, fa sorgere una sapienza divina che stupisce il mondo, per la prontezza della conoscenza delle cose di Dio.
Chi invece si attarda nel peccato, perde di lucidità. Il peccato infatti acceca ed il giudizio è intorpidito.
La malizia domina la mente del malvagio e solo il male si affaccia ai suoi occhi. Perciò Gesù dice di costoro che nulla li può convincere, né la penitenza aspra, né la misericordia che si china sui piccoli e i peccatori: per il malizioso tutto è passibile di critica e di giudizio feroce. Di Giovanni dissero: indemoniato; di Gesù: mangione e beone, connivente con gli immorali. Questa la somma dei giudizi.
Ma a costoro, nemici del vero, insipienti quanto peccatori, non per debolezza ma per malizia, Gesù dice che nel giudizio finale la sorte sarà peggiore di Sodoma e Gomorra, poiché quelle città non conobbero il Cristo, mentre costoro poterono ascoltare e vedere la sapienza incarnata.
Le opere della sapienza sono dunque riconosciute da chi possiede la purezza. Tale sapienza non si trova nei libri scritti da uomini, ma nel creato di Dio, sua impronta, negli eventi della Storia che egli conduce, ma soprattutto nella sua Parola fatta carne, Gesù, e nelle sue opere.
Non credere al Vangelo è insipienza. Ascoltare il vangelo è umiltà e gratitudine a Dio che si china su di noi, diventa Uomo, insegna con le nostre parole, agisce con la vita di Uomo, soffre e perdona con il proprio sangue le colpe, che sono nostre. Cosa deve fare ancora per convincere?
Ma di tanta grazia verrà chiesto un rendiconto.
Che Dio ci trovi ad ascoltare la sua sapienza!

Dio vi benedica!
Gabriele Nanni

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