Commenti Vangelo » Mitezza e fortezza- Commento al vangelo – 9.12.2020 – Mt 11,28-30 (creato con Spreaker)
Fonte:
https://www.spreaker.com/user/11389973/9-dicembre-2020-audio-09-12-20-09

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,28-30)

In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Queste parole di Gesù, che appaiono solo consolatorie, in realtà aprono una realtà spirituale fatta di combattimento fino allo stremo contro le forze del Maligno, che usa i suoi alleati sulla terra per colpire chi è unito a Gesù.
Anche i migliori che combattono la battaglia della fede, nell’oscurantismo del mondo, si trovano sfiniti; nella confusione della lotta è facile perdere l’orientamento, il senso di quello che sta accadendo, la visione ampia della guerra.
Chi combatte per la fede è spesso lasciato solo in mezzo ad un nugolo di nemici e di eventi sfavorevoli, solo la fede può alimentare la tenacia e lo sforzo per arrivare fino in fondo.
Tra le tentazioni più forti c’è la solitudine, il senso di isolamento e di incomprensione. Spesso anche gli stessi fratelli non comprendono le modalità poco convenzionali della lotta in cui si trova, proprio perché ingannati dal mondo.
Il fallimento personale, rispetto ai riferimenti che la società propone, è usualmente sperimentato da chi si impegna nella coerenza della fede. Il lavoro è ostacolato, la carriera impedita, l’emarginazione e la persecuzione colpiscono con ostinato livore. Chi è meno colpito guarda con compatimento chi è travolto, lo giudica vittima di un misto di sfortuna e incapacità.
Così i fedeli di Cristo sembrano nuotare in un oceano in tempesta contro la furia dei venti verso una meta immaginaria.
Perciò Gesù chiama a sé per ristorare la fatica che annienta, per dare nuove forze, per far trovare sollievo là dove normalmente è tortura e morte.
Come non pensare al miracolo dei tre giovani gettati nella fornace ardente a Babilonia, i quali, invece di bruciare, erano in piedi, mentre un quarto personaggio, un angelo, discorreva con loro: venuti fuori, il fuoco non li aveva toccati e neppure l’odore del fumo era penetrato nei loro abiti (Cf Dn 3,19-25).
Gesù è prefigurato in quell’episodio accanto a tre giovani fedeli a Dio in un mondo pagano. Il ristoro e la salvezza giungono in modo miracoloso.
Non è risparmiata la prova, la fatica, la tentazione. Non è risparmiata la paura ed il dolore, non è tolta la croce.
Qui è il punto. Spesso vorremmo che la croce non fosse per noi oppure fosse tolta, anche noi come Gesù nell’approssimarsi della prova diciamo: “Se è possibile, passi da me questo calice” (Cf Lc 22,42; Gv 12, 27).
Ma Gesù insegna che nel compimento pieno della volontà del Padre sta un tesoro di grazie che si riversa senza fine per l’umanità intera.
L’invito di Gesù è quello di imitarlo nella sua docilità alla volontà del Padre, che sembra in quel frangente l’esecutore della nostra sentenza di morte più che un Padre, ma in realtà egli segna il suo amore per noi anche nella prova donandoci un nutrimento di fortezza che si sperimenta solo con il pieno abbandono alla sua volontà.
L’abbandono sta nella mitezza, nella rassegnazione cristiana, la quale non è il piegare il capo senza combattere, come nella prospettiva umana, bensì è fortezza che proviene dall’adesione piena e fiduciosa alla volontà del Padre, con la lucida consapevolezza che in gioco ci sono anime da salvare e non solo dolore da schivare.
“Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” è la lezione più dura e difficile per noi, ribelli e sensibili alla ingiustizia, mentre l’accettazione della croce è accettazione dell’ingiustizia in favore di un perdono rigenerante e liberante dalla catena di peccato, dalle vendette che saldano le generazioni dell’umanità.
La mitezza di cuore sta nella sottomissione fiduciosa alla volontà di Dio Padre, là dove sembra inutile, ingiusto, assurdo, poiché proprio tale fede è affermazione della signoria di Dio. Nulla sfugge alla mano di Dio e tutto è dato nelle mani del Figlio.
È questa la fede più difficile: che Gesù è Signore e gli eventi dei malvagi e di dolore sono nelle sue mani. Ma anche noi siamo suoi.
Tuttavia, quello che chiede a noi è la compartecipazione alla sua volontà. I nemici, nonostante la ribellione e la guerra contro la volontà di Dio finiscono sempre per compierla, essi sono segnati dall’impotenza nonostante la volontà contraria.
A chi crede, invece, è chiesto di essere sottomesso al suo volere, ma con libertà ed amore. In ogni caso si compie la volontà di Dio, ma solo con la nostra adesione noi diventiamo meritevoli di partecipare alla sua stessa natura divina, al suo essere, di venire trasformati in spiriti di amore come Dio è amore, e di condividere il Regno con lui dopo averlo servito in questo mondo.

Dio vi benedica!

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