Commenti Vangelo » Servitori della Parola nella Verità – Commento al vangelo – 19.5.2021 – At 20,28-38

19 maggio 2021

SERVITORI DELLA PAROLA NELLA VERITÀ

Dagli Atti degli Apostoli At 20,28-38

In quei giorni, Paolo diceva agli anziani della Chiesa di Èfeso: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi. E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”». Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in pianto e, gettandosi al collo di Paolo, lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.

La partenza di Paolo da Efeso è il preludio della sua prigionia, prima a Gerusalemme e poi a Roma: lo Spirito Santo lo aveva avvisato delle catene che lo attendevano, perciò Paolo parte sapendo di compiere la sua opera di evangelizzazione in qualsiasi condizione si sarebbe trovato. Agli anziani della comunità di Efeso, cioè ai presbiteri incaricati della cura delle anime dei fedeli in Cristo, lascia un’eredità e delle raccomandazioni. Egli lascia un esempio di apostolato, di abnegazione, di fuoco spirituale, che i sacerdoti di Cristo sono chiamati a seguire. Ma come il Cristo, Paolo affida l’opera dei sacerdoti alla potenza dello Spirito Santo. A coloro chiamati ad essere i pastori del gregge, chiede di vegliare su se stessi e sul gregge, con la forza e la luce dello Spirito. È lo Spirito Santo che fa la differenza tra veri e falsi pastori, tra chi persegue la Verità e chi il proprio interesse, tra chi pronuncia le parole che sono di Dio e le proprie. La chiesa di Paolo, quella che lascia in eredità ad Efeso, è una chiesa spirituale, cioè guidata dallo Spirito Santo per mezzo di capi costituiti da Esso. Lo Spirito opera attraverso gli uomini e chiede la loro responsabile risposta ai suoi impulsi, alle sue indicazioni. L’opera è dell’uomo, ma l’indicazione è dello Spirito, l’azione è umana, ma la forza è sovrumana: così le parole sono piene di unzione spirituale e muovono le anime a Cristo, alla fede, per la potenza che lo Spirito Santo dà. Non bastano le parole giuste, occorre la potenza dello Spirito per toccare i cuori ed infiammarli all’amore di Cristo. Lo Spirito passa attraverso uomini scelti da lui e nulla fa senza l’uomo. Lo Spirito è forza vitale, luce e amore, è capacità di liberazione dei cuori dalla prigionia del peccato e dell’ignoranza, ma è anche difesa della Verità. Ai sacerdoti di ogni condizione e grado è chiesto di essere servitori della Parola e della Verità. Paolo ammonisce che i lupi devasteranno il gregge, e che non mancheranno belve uscite proprio dalla comunità per portare dietro a sé il gregge e rovinarlo. La custodia della Verità tutta intera è custodia della rivelazione di Dio ed è garantita da uomini che la conoscono e la vivono mediante lo Spirito. Una lettera senza Spirito è morta, un vangelo decurtato non è pienezza di Verità, ogni contraddizione del vangelo uccide la sua valenza vitale, poiché la menzogna deforma la verità per essere credibile e portare lontano dall’unione con Cristo, il compromesso con la parola del mondo è inganno e perdizione. Paolo arriva ad affermare ed esortare che “Se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema!” (Gal 1, 8). Paolo insegna dunque la fedeltà che va oltre la persona, poiché per quanto insigne ed autorevole, solo lo Spirito di Cristo e la sua Parola garantiscono la Verità, tutto quello che la contraddice, anche se venisse da Paolo stesso, non deve essere seguito. L’opinione rispetto alla Verità è come il veleno rispetto al cibo. L’ascolto della Verità ci pone di fronte a qualcosa di oggettivo, a Dio stesso. Davanti a lui l’opinione personale è come l’ombra davanti alla realtà. Noi siamo chiamati a confrontare la nostra opinione con il riferimento di Dio per avanzare nella Verità e nella luce: non dobbiamo servirci della Parola di Dio, ma essere servitori della Parola.

Dio vi benedica!
Gabriele Nanni

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